Poemas / Emilio Coco

Giorno di mercato a Murcia

El viernes aquí es día de mercado
está muy cerca, proprie ‘nnanze casa,
è tutte chiù mercate che da nuva,
te pu accattà bufandas, calcetines,
sostenes, limpiabarros y ligueros,
risparmi su cebollas y manzanas,
apio, pepinos, habas y naranjas
ando detrás de ti, desconsolado,
pensando en el poema que no he escrito,
a ver si encuentro algo que me inspira
per esempio el gitano cojonudo
che vende ajados ajos en manojos
con su morena piel resquebrajada,
con su cabello largo salmodiando
qué buen ajo que tengo esta mañana
sin levantar los ojos de sus caja
ho l’anima ferita, squinternata,
me sente come n’agghie machacado
torniamo a casa, presto, quella voce
fa ciche ciche, m’apre cicatrici,
me emborracha, me aturde, me trastorna,
sconvolge la routine di questi giorni.

Murcia, 2 gennaio 2015

 

Te alabamos Señor

por nuestra ducha
con vidrios transparentes plegadizos. 
Nos complacía así en desmesura           
noventa por noventa y la compramos
para estar ambos adentro.
Qué maravilla de agua chorreante       
sobre nuestros cuerpos desnudos 
que mezclada al baño espuma dibujaba     
nubecillas paradisíacas.   
Y nos habríamos quedado
a residir allá dentro
si el lecho no nos hubiese convocado
a la complicidad
de nuestros jóvenes años
olorosos a talco.    
Lejanas esas noches en que la carne
temblaba con los toques del placer.
Miro las inciertas formas
tras los mismos vidrios
velados por el vaho del vapor
mientras en el espejo estiro mis mejillas
en la obstinada lucha contra el tiempo.
¿Hacemos el amor? propongo.
Finges no comprender y sonríes
compasivamente
poniéndote la crema 
sobre los muslos trémulos.

 

Versión del italiano de Marco Antonio Campos

 

Giorno di mercato a Murcia
Qui il venerdì è giorno di mercato / è vicino, proprio davanti casa, /è tutto più a buon prezzo che da noi, / ti puoi comprare scarpe e calzettoni, / reggiseni, zerbini e reggicalze, / risparmi sulle mele e le cipolle, / su sedano, cetrioli, fave e arance /dietro di te cammino sconsolato, / pensando alla poesia che non ho scritta, / forse trovo qualcosa che mi ispira / per esempio lo zingaro fichetto / che vende aglio vecchio legato in mazzi / con la sua pelle bruna screpolata, / cantilenando coi capelli lunghi / che bell’aglio che vendo stamattina / senza alzare dalla cassetta gli occhi / ho l’anima ferita, squinternata, / mi sento come un aglio frantumato / torniamo a casa, presto, quella voce / mi accappona la pelle, m’apre cicatrici, / mi ubriaca, mi stordisce, mi scombussola, / sconvolge la routine di questi giorni.

Ti lodiamo Signore
per questa nostra doccia / coi vetri trasparenti a portafoglio. / Ci piaceva così fuorimisura / novanta per novanta e la comprammo / per starci entrambi dentro. / Che meraviglia d’acqua / scrosciante sopra i nostri corpi nudi / che mista al bagnoschiuma disegnava / cirri paradisiaci. / E saremmo rimasti / a vivere lì dentro / se il letto non ci avesse convocati / nella complicità / dei nostri giovani anni / odorosi di talco. / Lontane quelle notti in cui la carne / fremeva sotto i colpi del piacere / guardo le forme incerte / dietro gli stessi vetri / velati dagli spruzzi del vapore / mentre allo specchio stiro guance e fronte / nella caparbia lotta contro il tempo. / Proviamo a far l’amore? ti propongo. / Fingi di non capire e mi sorridi / compassionevolmente / spalmandoti la crema / sopra le cosce tremule.

 

 

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